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Biografia (continua)

1936 – 1942 URBINO


Memè cresce e studia tra le mura del Palazzo Ducale di Urbino, passando ogni giorno davanti ai capolavori di Raffaello, Piero della Francesca e Paolo Uccello. L’arte diventa per lei una meravigliosa quotidianità, come ricorda la figlia primogenita Annamaria Olivi: “La mamma ci ha sempre parlato d’arte come di un’esperienza familiare, intima e affettuosa”. Quegli anni segnano in maniera indelebile lo stile della giovane artista, il suo segno estremamente espressivo, la sua ricerca poetica e formale, che trova ispirazione nella dolcezza dei paesaggi marchigiani.


A Urbino, l’insegnamento di professori dallo stile contemporaneo quali Luigi Bartolini, Leonardo Castellani e Arnoldo Ciarrocchi, plasma l’inizio della ricerca artistica di Memè. Le lezioni di pittura e incisione seguono gli stili e le tendenze estetiche degli anni Trenta, senza limitarsi alla riproduzione dell’antico. All’epoca, dopo i primi tre anni dell’Istituto di Belle Arti perl’Illustrazione e  la Decorazione de Libro, gli studenti ottenevano il diploma di Artiere del Libro, mentre al termine del secondo triennio, equiparabile a un’odierna laurea, veniva loro conferito il titolo di Maestro d’arte sezione Ornatore del Libro. Tale titolo viene conseguito da Memè il 12 giugno 1942, con la presentazione di un ciclo di illustrazioni ispirate a un’opera del poeta Metastasio, L’isola disabitata. Lei e la compagna Vanda Radi sono le uniche donne del corso. 


Sempre nel 1942 Memè Olivi ottiene il titolo di Professore di Litografia, avviando così la sua carriera di insegnante di storia dell’arte e di disegno nelle scuole secondarie. Questa esperienza incide profondamente su di lei, così come le numerose amicizie coltivate a Urbino, tra cui quella particolarmente duratura con l’incisore Nunzio Gulino.


1942 – 1947 SENIGALLIA – ROMA – FIRENZE


L’ambizione e la curiosità spingono Memè Olivi ad approfondire i suoi studi e iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nella capitale inizia un periodo di convivenza con la sorella maggiore di sua madre, Maria Vignoli-Manfrini, farmacista, una donna colta e dal carattere forte, con la quale Memè si scontra costantemente. Le difficoltà con la zia unite a quelle incontrate all’Accademia, dove la giovane artista non trova un ambiente affine, spingono Memè ad abbandonare il corso di studi. Del periodo a Roma le rimane tuttavia il piacevole ricordo dell’amicizia con Renzo Vespignani. Dopo un breve ritorno nelle Marche in una delle case coloniche dove era sfollata la famiglia, Memè Olivi, giovane donna intraprendente abituata alla vita culturalmente stimolante dell’accademia di Urbino, decide di trasferirsi a Firenze e iscriversi nuovamente l’Accademia di Belle Arti. Anche questo percorso viene brutalmente interrotto, questa volta dalla guerra e delle crescenti restrizioni.

Anche quando torna a soggiornare in famiglia, Memè non dispone degli strumenti necessari per continuare a incidere, ma continua a sviluppare la sua rirca artistica atraverso il disegno. Nel 1942, per sfuggire alle rigide pressioni imposte dalla guerra, la famiglia si trasferisce in una casa di campagna, fuori Senigallia, Villa Amelia. Questo luogo sarà particolarmente caro a Memè, legando in maniera indissolubile la sua produzione artistica ai paesaggi collinari delle Marche.

Nel 1944 la regione viene liberata e la famiglia Gambini Rossano torna a Senigallia, ma trova la grande casa occupata dal comando anglo-americano. Nonostante siano costretti a vivere in un appartamento al pianterreno della villa, Memè conserva il ricordo di quel periodo come uno dei più felici della sua giovinezza.


1946 – 1959 MILANO


Nel 1946, la giovane artista si iscrive all’Accademia di Brera, a Milano, per proseguire i suoi studi. Frequenta l’ambiente scapigliato di Brera nel clima effervescente del dopoguerra, intessendo relazioni durature e lavorando incessantemente. Al bar Jamaica conosce il futuro marito, Beniamino (Bino) Olivi, un giovane trevigiano che all’epoca lavora come assistente di diritto internazionale all’Università di Pavia. Ed è proprio in questa Milano che Memè inizia a farsi strada nel mondo professionale. Non completa gli studi all’Accademia di Brera, ma inizia a lavorare nel campo dell’illustrazione e dell’editoria. Realizza copertine per Rizzoli e Mondadori, collabora con “Vogue Italia” e altre riviste. Per Galtrucco, prestigiosa casa di moda milanese, disegna tessuti e realizza modelli sofisticati per le vetrine del negozio di Piazza Duomo.


Nel 1954, a soli trentadue anni, Memè apre uno studio di grafica insieme ad altre due ragazze. Lì si crea un ambiente libero e creativo, dato dall’incontro di moltissimi artisti e intellettuali che fannp parte della sua cerchia di amici. Tra di loro figura il designer Enzo Mari. In quegli anni lavora anche a Parigi come inviata per la stampa degli editori con i quali collabora. Tra i suoi lavori più importanti ricordiamo le illustrazioni del libro del Dr Spock, The Common Book of Baby and Child Care, nell’edizione del 1958, e dei libri J’attends un enfant e J’élève mon enfant, di Laurence Pernoud. Queste guide per neo-madri diventeranno dei classici della puericultura e godranno di un enorme successo in tutta Europa. Nonostante il grande impegno nel lavoro in campi diversi, Memè diventerà madre di tre figlie, Anna Maria, Elisabetta e Olivia, che crescerà con profondo affetto.


1959 – 2018 BRUXELLES

Nel 1958, Bino Olivi vince un concorso nell’ambito di un progetto comunitario volto a equiparare i sistemi giuridici europei. Questo successo lo porta a trasferirsi a Bruxelles dove, dopo meno di un anno, diventa Amministratore della Direzione Generale Concorrenza del Comitato Economico Europeo. Inizialmente Memè non segue il marito, ma l’anno successivo lascia il suo studio di Milano e si stabilisce in Belgio con le figlie. 


A Bruxelles, Memè continua la sua attività di illustratrice, anche grazie alle ottime referenze ricevute dalle aziende per cui aveva lavorato a Milano. Collabora in particolare con la rivista di grande successo “Femmes d’aujourd’hui”. Tuttavia, con il passare del tempo, decide di abbandonare questa professione che le aveva permesso di sostenersi finanziariamente per dedicarsi completamente alla sua famiglia e alla sua vera passione: l’incisione. D’altronde, come dirà in un’intervista pubblicata proprio sulla rivista “Femmes d’aujourd’hui”, “Non ho mai esitato un istante: priorità alla mia famiglia. La pittura richiede che uno gli si dedichi interamente e quindi ho rinunciato. L’incisione permette più flessibilità seppur richiedendo un certo rigore.1” 


Coerentemente con le sue parole, Memè riprende in mano gli strumenti e inizia a frequentare l’Accademia di Boitsfort. Quello di Boitsfort è un ambiente libero dalle convenzioni stilistiche accademiche, che favorisce l’interazione tra professionisti e dilettanti. Memè ha un livello nettamente superiore a tutt gli altri, ma nonostante ciò l’Accademia diventa per lei un terreno fertile di scambio d’idee e di conoscenze. Lì stringe anche un forte legame con la direttrice, Kikie Crêvecoeur, famosa incisora della scena artistica belga. In questo periodo Memè si dedica in particolar modo all’incisione classica, che ha sempre coltivato e in cui era maestra. Memè Olivi diventa un’artista poliedrica, capace di svolgere diverse professioni e di gioire di ognuna di loro: “Credo che sia bello avere diverse attività. A me piace apprendere cose che considero interessanti, per poi trasmettere questa conoscenza agli altri” 2


Sempre negli stessi anni, (dal 1962 al 1969), Memè insegna disegno e storia dell’arte nella sezione italiana della Scuola Europea di Bruxelles. Insegnante precisa e atenta all’emergere del talento artistico dei ragazzi, ispirò la carriera artistica del futuro pittore Marco del Re, che la ricorderà con molto affetto.


Nel frattempo, nel 1961, Bino Olivi assume un incarico di grande rilievo, diventando Portavoce della Commissione Economica Europea e Direttore Generale dell’Informazione. Solo qualche anno più tardi una delle figlie, Anna Maria, si iscrive all’Università Ca’ Foscari: per Memè è l’occasione per passare più spesso del tempo a Venezia e frequentare il laboratorio di incisione dell’Accademia di Belle Arti, dove conosce l’incisore e mosaicista Riccardo Licata. Nonostante le colline marchigiane continuino a essere la sua principale fonte di ispirazione, Memè è conquistata dalla bellezza di Venezia e dedica molte incisioni a vedute della cità lagunare. 


In quegli anni la vita professionale di Memè è turbata da eventi personali che le fanno attraversare un periodo di grande difficoltà fisica e psicologica. È grazie al potere che l’arte esercita su di lei che Memè riesce a rinascere. Riprende a incidere, prosegue la sua ricerca artistica e trova una nuova forza che la spinge a viaggiare e a esporre le sue opere in molte parti del mondo, dall’Argentina agli Stati Uniti, dal Giappone all’Australia. 


Nel 1973, la vasta produzione artistica di Memè permette la realizzazione della sua prima personale. L’esposizione, intitolata “Memè Olivi. Opera Grafica”, ha luogo a Bruxelles presso la Gallerie Angle Aigu. In questa occasione, Memè non si limita a esporre le sue opere, ma si impegna anche a mostrare le procedure e gli strumenti utlizzati per realizzarle. Per catturare l’attenzione del pubblico, si dedica all’illustrazione delle tecniche e dei materiali tipici dell’incisione, trasportando i visitatori nel cuore del suo percorso artistico. Come lei stessa dichiara, sempre nella lunga intervista pubblicata nel 1974 su “Femmes d’Aujourd’hui”: “Amo stabilire questo contatto tra un’opera e un profano che l’approccia per la prima volta. Tento di demistificare il gergo professionale che rende questo incontro arduo e spesso artificiale”3. Quello di Memè è un carattere estremamente estroverso, ama parlare con le persone per comprendere il loro stato d’animo, cosa sentono e cosa vivono. Il contatto con l’altro non diventa semplicemente una necessità umana, ma stilistica: “Ho bisogno di sentire la poesia dentro di me e la trovo solo attraverso il contatto permanente con le persone”4


1974 – 2019 BEUXELLES – PARIGI – ROMA – SENIGALLIA – VIAGGI NEL MONDO 



Nel 1974, Memè e Bino acquistano un appartamento a Parigi, in rue Jacob, nell’elegante quartiere di Saint-Germain-des-Prés. Memè lo utilizzerà come studio e base operativa per frequentare la città, ma non ne farà la sua dimora esclusiva. Da quel momento si dedicherà alla sua sperimentazione artistica, spostandosi tra Bruxelles, Roma, Parigi e Senigallia. Nonostante il suo costante viaggiare, Memè vive il ricordo della sua terra natale con profonda nostalgia. Ogni estate torna sulla costa adriatica, a Senigallia, assaporando quell’atmosfera bucolica e intima che le sue opere trasmettono in modo così efficace. Eppure la sua arte è in grado di andare oltre la mera rappresentazione, cogliendo l’essenza poetica della realtà in tuto il suo splendore. Come afferma lo scrittore Franco Foschi nel catalogo della mostra di incisioni di Memè Olivi a Recanati, “Chi nasce nelle Marche, porta dentro di sé l’immagine di un paesaggio dolce che si apre verso spazi indefiniti, ma solo un’artista vera, che conosce la pazienza delle tecniche antiche, può esprimere in una grafia che parla anche a chi non conosce il linguaggio dell’arte, ciò che si vede solo con gli occhi dell’anima”5.


Il legame di Memè con la sua terra natia va oltre la semplice ammirazione per i paesaggi. Pur non tornando mai a vivere a Senigallia, rimane in contatto con numerosi artisti marchigiani, tra cui il fotografo Mario Giacomelli. In una lettera a lei dedicata, datata 1996, Giacomelli la descrive come “un’artista sensibile, disegnatrice magistrale, così vera nella sua espressione, nel temperamento, nel talento d’incisore da poter testimoniare la maturazione di un’arte e il rinnovamento di un’ispirazione”. Mario Giacomelli faceva parte di una corrente di fotografi marchigiani, l’Associazione Fotografica Misa, dal nome del fiume Misa che attraversa Senigallia. L’Associazione fu fondata da Giuseppe Cavalli, il critico d’arte, intelletuale e fotografo che diede vita anche al gruppo La Bussola a Milano e che immortalò la giovane Memè in uno splendido ritratto fotografico di profilo. Molti dei fotografi dell’Associazione, come l’avvocato Ferruccio Ferroni, anche lui senigalliese e grande amico di Memè, avevano in realtà altri mesteri. Giacomelli, poeta e pittore, riconosciuto a livello mondiale come uno dei più grandi maestri della fotografia e autore di meravigliosi paesaggi marchigiani, mantenne per anni la sua piccola tipografia nel centro di Senigallia. Tra l’altro stampò per Memè una serie di originali cartoline, che riproducevano dieci vedute della città di Senigallia. Anche la Scuola del Libro di Urbino rimane per Memè un importante punto di riferimento, un ambiente familiare dove tornare ogni estate. Nonostante possieda due torchi nella sua residenza a Bruxelles, l’artista non manca di utlizzare i torchi litografici presenti nella scuola, dove realizzerà anche numerose serigrafie.


Gli anni Settanta, sono per Memè Olivi un periodo di grande produzione artistica accompagnata da numerosi viaggi ed esposizioni in varie parti del mondo. Tra il 1974 e il 1977 espone a New York e Washington DC, nel 1979 a Parigi, nel 1982 in Australia, a Melbourne. Nel 1987 si verifica un altro significatvo evento nella vita dell’artista, l’acquisto di una casa a Bruxelles che lei stessa trasforma in un vero e proprio studio. Qualche anno più tardi, su invito del Ministero Italiano degli Affari Esteri, parte per un lungo viaggio in America Latina, dove espone in numerose mostre in Uruguay, Paraguay, Cile e Argentina. Nel 1994, il Museo Nacional del Grabado a Buenos Aires la invita a tenere una serie di conferenze e lezioni pratiche di incisione. Memè accetta senza esitazione, prolungando il suo soggiorno in America del Sud. D’altro canto, la sua vocazione per l’insegnamento rimane costante per tuta la sua vita: “La mia esperienza mi dice che non si tratta di insegnare attraverso molti libri, saturando i ragazzi. Loro hanno bisogno di guardare, di vedere ciò che io spiego”6. L’insegnamento non viene da lei considerato come un’attività secondaria, ma complementare a quella dell’incisione.


Nel 1998 a Recanati, nelle Marche, viene ordinata una grande mostra delle sue incisioni ispirate alla produzione letteraria di Giacomo Leopardi, in occasione del bicentenario della nascita del poeta. Per ispirarsi, Memè trascorre tre mesi a Recanati, ospite a Casa Leopardi, riuscendo a catturare la bellezza di quei paesaggi creata dalla successione infinita di colline. Le tonalità che utilizza sono quelle della terra, sfumature tra l’ocra e il marrone, tra la terra di Siena e l’arancione. Atraverso questa gamma selezionata di colori e toni, l’artista realizza una serie di incisioni che nascono, come scrive nel catalogo Stefano Papetti, “da una consapevole rivisitazione lirica dei luoghi cari al poeta”7. La mostra riscuote un enorme successo e sarà ospitata da diverse sedi dell’Istituto Italiano di Cultura: a Parigi, Bruxelles e Bratislava. Negli anni successivi Memè Olivi organizza diverse esposizioni a Parigi, dove in occasione della Biennale Collettiva del 6ème arrondissement riceve il Premio della Giuria per le xilografia a colori Terre delle Marche.


L’elemento costante che accomuna ogni opera della lunga ricerca artistica di Memè Olivi è l’equilibrio. Un equilibrio istintivo, nutrito da un profondo amore per il silenzio dei luoghi. L’opera di Memè Olivi si plasma a partire dall’osservazione attenta di un paesaggio, impregnato di emozioni, che modificano e modellano le linee naturali adattandole a uno stato d’animo. Ed è proprio il sentimento che diviene la principale fonte di ispirazione per Memè: “Ho bisogno di un’emozione per creare e, nel creare, ho bisogno di ritrovarla intatta”8


Negli ultimi anni della sua vita, Memè continua a sperimentare. Si dedica al perfezionamento di nuove tecniche tra cui l’incisione su vetro, che pratica presso gli atelier veneziani. Come scrive Franco Foschi nel catalogo della mostra di Recanati, la varietà degli strumenti artistici che è in grado di utilizzare è straordinariamente vasta: “Memè Olivi, come pochi altri, trae dall’acquaforte, dalla puntasecca, dall’acquatinta, dalla litografia, dalla xilografia e dai materiali più vari, legno, pietra, metalli, la capacità di ottenere delicate trasparenze, colori irreali, senza l’uso dei colori tradizionali, effetti che suggeriscono il non detto, al di là del paesaggio reale”9. Il suo lavoro instancabile è alimentato da un costante desiderio di perfezione, con continui adattamenti e ritocchi di cui lei avverte la necessità per raggiungere esattamete il risultato prefisso. La sua ricerca artistica a si protrae sino agli ultimi anni della sua vita.


Nel 2010, a causa dell’infermità del marito, Memè Olivi torna in Italia e si stabilisce definitivamente a Roma. Muore nella stessa città il 28 settembre 2019, all’età di 97 anni.


  1. (Bargème, 1974)  ↩︎
  2. (Settimanale Italiano, 1992) ↩︎
  3. (Bargème, 1974)  ↩︎
  4. (Settimanale Italiano, 1992)  ↩︎
  5. (Foschi e Papetti 1998) ↩︎
  6. (Settimanale Italiano, 1992) ↩︎
  7. (Foschi e Papetti, 1998)  ↩︎
  8. (Bargème, 1974)  ↩︎
  9. (Foschi e Papetti, 1998)  ↩︎